Morto che fu l'imperator Diocleziano, continuarono la persecuzione contro i cristiani Galerio e Massimiliano suoi successori nell'imperio. Tra il numero de' martiri che mandarono al cielo, furono Timoteo e Maura. Timoteo era del castello di Perapo nella Tebaide, ed era cristiano tanto esemplare che il vescovo l'ordinò lettore. Egli sposò una donzella cristiana per nome Maura che era in età di 17. anni. Non erano passate più che tre settimane delle loro nozze, che Arriano governatore della provincia mandò a prendere Timoteo che gli era stato denunziato come il maggior nemico degli dei. Ariano, fattoselo condurre, gli disse: Sapete voi gli ordini dell'imperatore contro coloro che non sacrificano agl'idoli? Rispose Timoteo: Li so, ma io son pronto a dar la vita prima che commettere una tale empietà. - Ebbene, replicò il governatore, sarai posto a' tormenti, e vedremo come tra quelli tu parlerai. Ed avendo saputo ch'egli era stato lettore, gli ordinò che gli avesse dati tutti i libri sacri che teneva. Il santo risolutamente glieli negò, onde il giudice infuriato gli fece mettere nelle orecchie ferri arroventati che gli fecero uscire gli occhi dalla testa per violenza del dolore.
Timoteo dopo un sì fiero tormento si pose a lodare Iddio; onde che più adirato il tiranno lo fece appender per li piedi ad un patibolo, con una grossa pietra legata al collo e con un morso nella bocca affinché non potesse più parlare. Arriano vedendo che non giovavano i tormenti con Timoteo, si fece condurre Maura e le disse ch'ella sola potea liberar dalla morte suo marito, inducendolo colle sue lagrime a sacrificare agli dei. Andò Maura, ritrovò suo marito in quello stato sì compassionevole, e disse quanto poté per intenerirlo e sedurlo ad abbandonar la fede. Timoteo, a cui fu allora tolto il morso acciocché potesse rispondere, rispose: E come, o Maura, tu sei cristiana, ed in vece di animarmi a patire per la fede, mi esorti a lasciarla, acciocché io per una breve vita che mi resta, mi condanni alle pene eterne dell'inferno? Questo è l'amore che mi porti?
Maura a questo rimprovero si ravvide, e posta inginocchioni rivolta a Gesù Cristo con lagrime più giuste e sante lo prega a perdonarle. Indi si rivolse a cercar perdono allo stesso Timoteo, e tutta mutata l'esortò a star forte nella sua fede, desiderando di aver anch'ella la sorte di poter correggere il suo errore colla morte e di essergli compagna nel di lui martirio. Timoteo tutto consolato del ravvedimento di sua moglie, le disse che quel suo parlare lo facea dimenticare di tutte le pene sofferte; onde la esortò di andare al governatore a ritrattarsi e dire che anch'ella era pronta a morire per Gesù Cristo. Maura a principio ebbe timore di far questa parte, dubitando della sua debolezza; ma s. Timoteo allora pregò il Signore a confortar la sua moglie: la preghiera fu esaudita, e Maura con fortezza eseguì il consiglio del suo santo marito.
Il giudice sorpreso da tal cambiamento volea distornarla dal suo proposito e le disse che, morto Timoteo, le avrebbe ritrovato un altro ottimo sposo. Maura rispose che, morto il marito, non volea altro sposo che Gesù Cristo. Allora Arriano le fece strappare con violenza tutti i capelli; e superando ella con giubilo quel tormento, il tiranno le fece di poi tagliar le dita, ed indi la fece gettare dentro una caldaia d'acqua bollente. Ma la santa ne restò illesa con un miracolo, dal quale Arriano ne fu commosso; e questo molto servì alla di lui conversione che seguì dopo pochi giorni. Tuttavia per non parere infedele all'imperatore, fece applicare sulle carni della santa fuoco di zolfo e pece; e finalmente vedendola intrepida a soffrire, la condannò a morir crocifissa insieme col suo marito.
Mentr'ella andava al luogo del supplicio, la madre piangendo l'abbracciò; ma la santa si liberò dalle braccia della madre e corse alla croce che le era apparecchiata. Furono lasciati il marito e la moglie appesi l'uno dirimpetto all'altro, senza strozzarli, affinché riuscisse la loro morte più lunga e più penosa. I due santi rimasero in vita in quello stato per più giorni, in cui non fecero altro che benedire Iddio e darsi scambievolmente coraggio colla speranza di andar presto ad unirsi insieme con Gesù Cristo in cielo. Questi due gloriosi martiri conseguirono la corona ai 19. di dicembre nel principio del quarto secolo. La loro festa anche oggidì è celebre appresso i greci ed anche appresso i moscoviti. Ed in Costantinopoli eravi un tempo una chiesa dedicata ai loro nomi.