C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme (Lc 2,36-38).

La nascita di Gesù raccontata dall'evangelista Luca (come la morte del resto) avviene al di fuori delle mura della città, ai margini rispetto ai luoghi che erano considerati centrali per il popolo e per la fede ed è solo in un secondo tempo che Luca sposta gli avvenimenti su Gerusalemme, raccontando la presentazione di Gesù al tempio e l'incontro con due figure particolari: l'anziano Simeone e la profetessa Anna.

Anna è la prima di molte vedove che compaiono nel racconto di Luca - come nell'episodio del figlio risuscitato della vedova di Nain (7,11-17) o della vedova che chiedeva insistentemente giustizia (18,1-8) - e viene spesso sottolineato come la presenza così numerosa di vedove, faccia parte del suo intento di far risaltare l'attenzione che Dio ha per i poveri e gli oppressi, che si manifesta in tutto il ministero di Gesù.

Sicuramente in alcuni casi questo è vero, ma in altri (basta pensare a Tabhità negli Atti degli Apostoli) si tratta di persone che, come Anna, svolgono un 'servizio' per la comunità. Anna può essere vista come il prototipo di quello che nella chiesa sarebbe diventato un ordine religioso di vedove consacrate e il segno dell'importanza che esse avevano nella chiesa al tempo di Luca. Per indicare la significatività del ruolo di Anna, il Vangelo sottolinea con numeri mistici la sua esperienza: i sette anni di matrimonio - dove sette indica la totalità e la perfezione - e ottantaquattro anni, sette volte dodici - la pienezza del tempo per Israele - la sua età quando incontra il bambino con Maria e Giuseppe al Tempio.

Come molte donne bibliche, Anna è identificata in rapporto a un uomo: è la figlia di Fanuele, della tribù di Aser, che prendeva il nome dall'ottavo figlio di Giacobbe. Questa precisazione di Luca sembra offrirci un'indicazione in più su Anna: una scelta 'speciale' aveva forse mantenuto lei e la sua famiglia fedele alla fede dei padri visto che Aser - anche se inizialmente benedetta da Dio " Aser è il più benedetto dei figli di Giacobbe... ” (Dt 33,24) - era una delle dieci tribù che si erano successivamente, nel corso dei secoli, allontanate dal culto del Dio dei padri. E la fedeltà, anche negli eventi più duri della storia personale e del suo popolo, diventa una costante di Anna.

Dopo aver vissuto con il marito sette anni (numero che indica Anna come moglie 'ideale') rimane vedova. A quel tempo le ragazze si sposavano molto presto e possiamo quindi pensare che Anna sperimenti la vedovanza già verso i venti anni. Sicuramente deve essere stata una realtà difficilissima da affrontare: oltre al dolore per la perdita del marito, per i sogni infranti di non avere una famiglia e dei figli, la nuova situazione la metteva in una condizione che, soprattutto a quel tempo nel popolo di Israele, era di estrema debolezza e fragilità. Le categorie meno 'protette' e più sottoposte a soprusi e povertà, erano infatti quelle degli orfani e delle vedove.

Anna - come anche noi molto spesso siamo tentati di fare - si sarebbe potuta chiedere dov'era la fedeltà di Dio nei suoi confronti; come molte altre, nella sua condizione, avrebbe potuto tornare nella propria casa presso la tribù di Aser, ma Anna sceglie invece di assumere fino in fondo la propria situazione, sceglie di riporre, nonostante tutto, la sua fiducia nel Signore e 'dimorare' presso di Lui perché " Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora ” (Sal 68,6) servendolo con digiuni e preghiere "per abitare nella casa del Signore tutti i giorni della sua vita” (Sal 27,4).

Nei lunghi anni della sua vita, Anna ha mantenuto questa fedeltà nei confronti del suo Dio, filtrando attraverso la preghiera i grandi avvenimenti che, anno dopo anno, avevano sempre più prostrato il popolo d'Israele. La sua vedovanza diventa lo specchio della storia collettiva del suo popolo segnato dal lutto, dalla sofferenza, dalla continua attesa e dalla pesante dominazione romana.

Anna non subisce passivamente il corso dei giorni, ma attende 'giorno e notte' una redenzione storica, segno di una speranza che non viene meno, di anni passati a implorare il Dio d'Israele perché realizzasse la redenzione che aveva promesso: "Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare quanto è retto il Signore, mia roccia” (Sal 92,13-15).

Sono anni dedicati a 'profetizzare'. Anna è l'ultima dei profeti citati nelle Scritture prima che sia Gesù ad assumere questo ruolo; si colloca nella linea delle grandi profetesse dell'Antico Testamento: Maria (Es 15,20), Debora (Gdc 4-5) e Culda (2Re 22,14). Anna era una profetessa, una di coloro alla quale il popolo si rivolgeva per ricevere parole di conforto, di saggezza e di consiglio. Nel dubbio, nell'insicurezza, nella disperazione sapevano di trovarla nel tempio ad accogliere i loro dolori e le loro incertezze per rinfrancarli nella fiducia verso Dio e rassicurarli sul Suo amore fedele.

Le lunghe preghiere le avevano aperto lo sguardo a quelle visioni che senza preghiera rischiano di restare invisibili; visioni che le permettono di essere lì presente nell'ora della salvezza riuscendo a vedere con lo sguardo di Dio, riconoscendo in quel Bambino il realizzarsi delle promesse.

E mentre Simone nel suo cantico chiede al Signore di "lasciare che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (Lc 2,29-30), Anna, ora che le sue preghiere sono state esaudite, continua nel suo servizio ea dire a tutti ciò che è avvenuto e avverrà.

Questa povera e vecchia vedova diventa proclamatrice del vangelo. Non si lascia andare alla stanchezza di una vita consumata nella speranza e nell'attesa, ma continua a servire Dio ea servire il popolo parlando del Bambino a " quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme ”.

Anna, continuando ad esercitare il dono della profezia, oltrepassa la soglia dell'Antico Testamento per entrare, lei e il suo popolo, nel Nuovo: la sua profezia diventa annuncio della salvezza, diventa Vangelo, bella notizia per tutte le donne e gli uomini di ogni tempo.




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