
Non è la stessa persona dell’omonimo discepolo e successore di Silvano a Gerara (cf. p. 193). I dati biografici su di lui si ricavano soprattutto dal brano n. 2 di Carione, suo padre secondo la carne, che si separò dalla moglie e si rifugiò a Scete portando con sé il figlioletto e lasciando con la moglie una bambina. Negli apoftegmi ritorna spesso il tema degli avvertimenti contro la presenza dei fanciulli, per una specie di terrore dei pericoli di degenerazioni omosessuali. Per questa ragione la presenza di Zaccaria diede luogo a sospetti e mormorazioni. Carione e il fanciullo fuggirono da Scete alla Tebaide, dalla Tebaide nuovamente a Scete, dove il fanciullo di sua iniziativa si immerse nello stagno di nitro, donde uscì sfigurato. Visse 45 anni nel deserto, dai 7 ai 52 anni, e fu in relazione con anziani famosi come Macario, Mosè, Poemen, Isidoro, che non si vergognavano di essere talvolta loro stessi a interrogare lui, molto più giovane, data la ricchezza di Spirito di cui era stato riempito, la sua deliziosa innocenza, la sua obbedienza. Fa pensare a ciò che dice il cenobiarca dell’Occidente Benedetto (Regula 3), cioè che «spesso il Signore rivela al più giovane ciò che è meglio». Il termine tecnico greco per questo tipo di persone è paidariogérôn (cf. PGL, p. 995), congiunzione di fanciullo e anziano, nome dato per eccellenza a Macario il grande.
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